lunedì 18 maggio 2009

STRALCI DELL'INTERVENTO DI ANNE OVERZEE SUL TEMA “PSICOTERAPIA MEDITATIVA” AL CONVEGNO “INTELLIGENZA EMOTIVA E SOFFERENZA DEL BAMBINO”

Stralci dell’intervento di ANNE OVERZEE Sul tema “PSICOTERAPIA MEDITATIVA” al convegno “INTELLIGENZA EMOTIVA e SOFFERENZA DEL BAMBINO”

Buongiorno … vorrei invitare tutti ad iniziare questa sessione con un paio di minuti di silenzio. Molte cose si sono verificate in questa sala in questi giorni e quindi possiamo permettere a questa sala di contenerci e quindi, magari, possiamo riposarci nel silenzio per qualche istante … quindi vi chiedo di mettervi comodi, sentire i vostri piedi sul terreno… permettete alle vostre mani di rilassarsi, lasciate andare i fogli che avete, tanto per ora non vi servono … tra un istante anch’io smetterò di parlare, quindi per ora non c’è niente da fare, possiamo semplicemente essere qua … e se vi risulta utile mentre respiriamo – Ispiriamo ed espiriamo - permettiamoci di accogliere, di ricevere la nostra presenza, permettiamoci di essere alimentati in qualche modo, e quando respiriamo permettiamo alla bontà di entrare dentro di noi … e quando espiriamo lasciamo che questa bontà possa liberarsi e raggiungere altre persone in questa sala. Possiamo tenere gli occhi aperti o chiusi, come meglio credete … e quindi qualche istante di silenzio…
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Vi ringrazio …
Non so quanto spesso voi vi impegniate in questo esercizio…E’ così importante, quando si lavora con altre persone, poter trovare dei modi per ricaricarci, mentre è così facile esaurirsi. E’ molto importante per noi trovare dei modi per recuperare le nostre risorse in un modo molto profondo. Lavoro presso l’Istituto Karuna in Inghilterra. In sanscrito la parola karuna significa “compassione”. Noi facciamo formazione per gli psicoterapeuti in un modo molto innovativo, in quanto la nostra formazione si fonda su principi buddisti della conoscenza del sé e sulle pratiche buddiste, che riguardano lo sviluppo della consapevolezza. Abbiamo integrato questi principi e queste pratiche alla teoria dello sviluppo occidentale. Siamo stati noi stessi stupiti di quante psicologi siano interessati a questo tipo di formazione. Ci stupisce perché siamo ancora un istituto molto piccolo. Abbiamo un bellissimo team, una splendida équipe di formatori: tutti chiaramente sono stati formati sulla base di questo approccio e abbiamo appreso moltissimo dai nostri fondatori. In Inghilterra siamo il primo istituto di formazione psicoterapeutica buddista, il primo a far parte del Consiglio per la psicoterapia del Regno Unito: quindi abbiamo un riconoscimento nazionale. Un chiarimento per coloro che sono coinvolti nell’ambito della psicoterapia, non parlo di psicoanalisi: noi facciamo parte di quella parte del Consiglio matrice umanistica e integrativa, anche se abbiamo molti collegamenti con coloro che utilizzano la teoria dell’attaccamento. Seguiamo attentamente le ricerche svolte da Goleman…
Oggi non vi parlerò dei contenuti della nostra formazione, invece vorrei parlare di qualcosa che, mi auguro, possa essere importante per ciascuno di voi, possa avere rilevanza per ognuno di voi. Si tratta di un qualcosa che noi abbiamo imparato negli ultimi venticinque-trent’anni in cui abbiamo lavorato per fornire formazione agli psicoterapeuti … si tratta di come generare un campo relazionale che possa creare una sicurezza e un contenimento affinché due persone, lo psicoterapeuta e il cliente, possano stare assieme in una relazione di cura … un campo relazionale che favorisce il benessere, un campo relazionale che sia adatto a poter lavorare con le difficoltà e sulle difficoltà …
Quando parlo di benessere, che cosa intendo?
Alla stazione ferroviaria di Londra ieri, in un negozio di libri, c’era un’intera sezione che riportava il titolo “benessere”, credo che sia una moda di questi giorni … quindi questi libri sul benessere parlavano di diete, di come vestirsi, di come divertirsi e in un altro negozio, sempre nella stessa stazione ferroviaria, il “body-shop”, c’era un’intera categoria di prodotti dedicati al benessere, e quindi prodotti a base di lavanda, aroma-terapia…forse quello che intendo io per benessere è un po’diverso, ma in qualche modo collegato.
Nel contesto della relazione interpersonale, quando si parla del benessere, si tratta della risposta di un essere in termini di sentimenti positivi nel provare un campo di accettazione, di risonanza, di corrispondenza.
Quindi, per chiarire, come si può creare un campo relazionale che possa condurre al benessere? Io suggerisco che si possa fare, coltivando da parte del terapeuta la presenza mentale, una presenza profonda, capace di garantire il contatto con le emozioni, le sensazioni, i pensieri, le immagini mentali, capace di garantire l’accettazione, il riconoscimento e il superamento delle tendenze all’avversione e delle tendenze al controllo presenti nella mente umana. Come si può dunque creare un campo contenitivo, empatico in cui il contatto tra esseri umani è veramente possibile, affinché la persona con la quale ci troviamo in relazione si senta veramente vista, accolta, incontrata? Vi do qualche breve immagine su come si impara a praticare la presenza mentale. Per migliaia di anni i buddisti hanno imparato a praticare la presenza mentale, portando una consapevolezza senza giudizio non soltanto al proprio corpo, ma anche dentro il proprio corpo. L’antica istruzione meditativa tende a favorire una consapevolezza profondamente unitiva con l’esperienza che si sta vivendo: si tratta di imparare ad essere consapevoli del corpo nel corpo, di essere consapevoli dei sentimenti nei sentimenti, essere consapevoli del nostro stato mente-corpo nel suo insieme all’interno di questo stesso stato mente-corpo, di essere consapevoli degli oggetti della nostra mente dentro questi oggetti della mente.
A Karuna non insegniamo la meditazione, ci sono tanti ottimi centri cui ci si può rivolgere, tuttavia noi insegniamo delle capacità cliniche … Una delle abilità terapeutiche principali consiste nell’essere presenti alla nostra esperienza, quindi essere presenti di fronte alla persona con la quale ci troviamo. Dedichiamo un anno intero della formazione a questa competenza dello pscioterapeuta. Quindi ci chiediamo: “Che cosa sta succedendo a me? Che cosa sta succedendo adesso? Cosa sta succedendo nel mio corpo? Che cosa sta succedendo nei miei sentimenti?...”. Sviluppiamo, così, una relazione con ciò che avviene in noi stessi, nell’interazione e nell’altra persona. Ci chiediamo “Com’è? Com’è sentirsi tristi in questo momento o provare un dolore alla spalla, per esempio, ecc.”. Quindi si inizia entrando in contatto con la propria esperienza. La presenza mentale è contatto nella relazione.

(…) Nel nostro lavoro attingiamo molto a quello che noi chiamiamo “the felt sense” che è un modo di sentire molto profondo, quasi un sentire di pancia. Forse alcuni di voi avranno sentito parlare della tecnica del focusing. Si tratta più che altro della capacità di scendere, di calare dalla mente cognitiva in un luogo che si può individuare anche fisicamente, si trova sotto il diaframma, dove possiamo sentire gli ambienti in un modo molto più olistico. Insegniamo alle persone fin dal principio a fare questo per poter sintonizzarsi, per ascoltare il nostro ambiente relazionale: è la via d’accesso a ciò che è meno cosciente, a ciò che ci mette in contatto con la mente subliminale, un sapere nel presente molto più diretto, più immediato. Questo è anche una via d’accesso che ci permette di conoscere il nostro essere, la nostra mente più profonda, ci permette di comprendere come noi siamo collegati, siamo in contatto con un’altra persona: è un luogo dove possiamo essere meno condizionati. I maestri buddisti ci dicono che è la nostra incapacità di sentire, di percepire a questo livello che ci fa sentire separati, frammentati, incapaci di vederci l’un l’altro se non attraverso tonalità individuali di sentimento che risultano molto distorcenti ed oscillanti … Questo, in termini buddisti significa essere ignoranti e questa ignoranza ci porta alla sofferenza.
Al nostro istituto sottolineiamo l’importanza di conoscere veramente questo livello più profondo dell’essere … (…) si può guarire anche in questo ambito di contenimento più ampio, in una dimensione di noi stessi che non è condizionata. Noi tutti abbiamo dei bisogni basilari, fondamentali e se questi bisogni sono soddisfatti permettono al nostro essere naturale ed intrinseco di nascere e svilupparsi. Questi bisogni sono:
1. essere riconosciuto;
2. essere accettato e accolto;
3. essere sicuro, accudito;
4. ricevere sostentamento, sostenimento fisico;
5. trovare risonanza in qualcun altro, far sì che gli altri possano sintonizzarsi con noi.
Voi sapete come ci si sente quando si è realmente visti da un altro, ci saranno forse pochissime persone nella nostra vita che ci vedono veramente in questo modo e constatiamo come in queste situazioni evolve il nostro sistema della personalità. Questo dipende da come questi bisogni relazionali o emotivi sono stati soddisfatti oppure ignorati oppure abusati nelle nostre prime relazioni. All’inizio della nostra vita e forse anche nel corso di tutta la nostra vita, i nostri bisogni di benessere comprendono essere tenuti, contenuti in un cerchio di amore, e una madre, per poter contenere in questo cerchio, ha bisogno di potersi trovare lei stessa in questa condizione di “essere natura” e quindi lei stessa deve essere contenuta in un campo relazionale di amore e sostegno e quindi questo cerchio che contiene lei ha bisogno a sua volta di essere contenuto in un cerchio più ampio … quindi non parliamo di un unico cerchio, parliamo di un intero mandala, un mandala di amore e di sostegno. Nel nostro lavoro abbiamo scoperto che questi bisogni fondamentali di essere e benessere tornano all’epoca in cui noi eravamo nell’utero: dico questo perché una delle cose che viene spesso trascurata, è quanto sia importante lavorare con le madri e i bambini molto piccoli. Forse la cosa più importante che ho da dirvi oggi, è che lavorando con gli adulti abbiamo scoperto che una buona parte della nostra sofferenza nasce dal non essere stati incontrati sul piano essere-essere, cioè non c’è stato un incontro tra esseri, e quindi tutti noi portiamo delle ferite relazionali e tali ferite possono essere guarite in qualsiasi fase della nostra vita: dobbiamo soltanto imparare a creare le condizioni specifiche per generare un campo relazionale coerente dal punto di vista emotivo.

(…) Proprio come ci diceva David ieri, quando parlava dell’importanza della presenza della madre per un figlio/a in ambiente ospedaliero … la capacità di uno psicoterapeuta di avere questa presenza incorporata, che rappresenta l’aspetto più importante nella nostra esperienza, determina, poi, l’efficacia del lavoro. Quindi noi formiamo i nostri psicoterapeuti affinché possano imparare ad accedere al proprio benessere e, se non riescono a farlo, se non riescono ad entrare in contatto con la fonte di questo benessere, non potranno mai riportare tutto ciò con un’altra persona.

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