giovedì 30 dicembre 2010



per augurarvi buon anno mi piace condividere con voi il risultato di una piccola attivazione fatta un paio di settimane fa.
Alla fine della meditazione è stato chiesto di scrivere qualche breve
metafora che rispondesse al dispositivo "La meditazione è come...".
Il risultato è il testo pubblicato qui sotto
Più che altro una poesia.
Che a noi è piaciuta molto.
E un po' ci rappresenta...


LA MEDITAZIONE E’ COME…


La meditazione è come un abbraccio di luce,
una sfida senza vincitori,
un sorriso nel buio.

La meditazione è come il calore di una coperta,
ti scalda e ti protegge.

La meditazione è come un faro: luce buio
buio luce
buio buio luce.

La meditazione è poter ricominciare tutte le volte.

La meditazione è come fluttuare nell’aria
senza perdere il senso di sé
accudendo le parti sane e non.

La meditazione è come una luce che ci inonda
è come una barca che scivola serena
su onde non sempre serene.

La meditazione è come cercare una forma
sapendo che non c’è forma
dove bisogna sapersi aspettare

Anita Novaro

venerdì 12 novembre 2010

FIDUCIA

Oggi durante la nostra pratica abbiamo fatto un esercizio per sperimentare ed osservare la fiducia.
Poiché il tempo è volato e non c’è stata la possibilità di rifletterci, ho pensato di riportare qui alcune indicazioni preziose di Kabat-Zinn e Corrado Pensa.

Eccole:

“ La fiducia è la sensazione di certezza o convinzione che le cose possono svolgersi in un contesto affidabile di ordine e integrità. Forse non comprendiamo sempre cosa accade a noi o ad altri o la ragione di una particolare situazione; ma se abbiamo fiducia in noi stessi,in qualcun altro, o ci affidiamo ad un procedimento o a un ideale, possiamo trovare un forte elemento stabilizzante che comprende sicurezza, equilibrio e franchezza che, se non sono basati sull’ingenuità, in un certo senso ci guidano e proteggono intuitivamente dal male e dall’autodistruzione.

“Nella pratica della consapevolezza è importante coltivare il senso di fiducia,……nella nostra capacità personale di osservare,essere aperti e attenti, riflettere sull’esperienza, crescere ed apprendere dall’osservazione e dall’applicazione………………”

“Se sapremo prendere posizione e ci abbandoneremo al presente in tutta la sua pienezza, forse scopriremo che il momento attuale merita la nostra fiducia. Da tali esperimenti continuamente reiterati può scaturire la sensazione nuova che nel nostro animo esiste un nucleo fondamentalmente sano e degno di fiducia e che le nostre intuizioni, quali echi profondi dell’attualità del momento presente, la meritano pienamente.” dal capitolo intitolato La Fiducia del libro di Jon Kabat- Zinn “ Dovunque tu vada ci sei già.”

Anche in “Vivere momento per momento” Jon Kabat-Zinn torna sulla fiducia, ecco tra l’altro cosa dice:

“Sviluppare una fiducia di fondo nella tua esperienza e nelle tue sensazioni, è parte integrante dell’addestramento alla meditazione. E’ meglio fidarti della tua intuizione e della tua propria autorità, anche se puoi fare degli sbagli, piuttosto che cercare una guida fuori dite. Se in un certo momento una cosa non la senti giusta, perché non rispettare la tua sensazione?”

“ E’ impossibile diventare uguale a qualcun altro: la sola cosa a cui puoi aspirare è diventare pienamente te stessa…………….Gli insegnanti e i libri possono solo indicare la direzione.”

“Praticando la consapevolezza, pratichi anche un’assunzione di responsabilità di essere te stessa e i imparare ad ascoltarti e ad avere fiducia nel tuo essere. Più coltivi questa fiducia nel tuo proprio essere, più troverai facile aver fiducia anche negli altri e contattare la loro bontà di fondo.”

Questo non vuol dire cercare di scacciare i momenti di sfiducia quando emergono, anzi attraverso la pratica potremo osservarli come ci suggerisce Corrado Pensa nel suo libro “L’intelligenza spirituale”

“ Percepiamo con gentilezza e , se possibile, con tenerezza, la qualità di quest’onda di sfiducia, cerchiamo veramente di incontrarla e di osservarla gentilmente.E’ una cosa alla quale non siamo affatto educati. O ci lasciamo sommergere dallo scoraggiamento e dalla sfiducia o cerchiamo di respingerla e non osservarla:…..Anzichè rammaricarci di essere scoraggiati, anziché biasimarci per il nostro scoraggiamento, ci dedichiamo ad osservare con gentilezza queste onde. E non dobbiamo esitare a infondere quanta più gentilezza possiamo, a insinuare un tocco delicato, lieve, tenero.
E’ un atteggiamento completamente diverso di fronte alla sfiducia e allo scoraggiamento, un atteggiamento che scardina alle radici l’identificazione, ossia la nostra radicata tendenza a credere ciecamente ai pensieri e alle conclusioni della sfiducia e dello scoraggiamento.”

Affettuosamente Anita Novaro

sabato 11 settembre 2010

venerdì 10 settembre 2010

La metta a sè stessi

Pensando all’autunno ai nostri prossimi incontri, la mia mente è ritornata alla pratica dell’ultimo venerdì prima della pausa estiva : “ La Metta a sé stessi”
La metta è una qualità importante e potente della pratica. Il termine indica gentilezza amorevole, una particolare morbidezza del cuore.
Dopo essersi centrati, praticando l’attenzione al respiro, si procede pronunciando frasi come queste:
Che io impari a prendermi cura di me
Che io possa aver buona salute, felicità nel cuore,sicurezza dai pericoli
Che io possa aver la gioia e il conforto della mia amicizia per me stesso

Dice Pensa a proposito di questa meditazione:
“Rivolgendo la Metta nei nostri propri confronti,cerchiamo di evocare la nostra immagine, il nostro nome e di prenderci dunque in considerazione come recipiente, come oggetto di benevolenza, come oggetto di appoggio incondizionato.
Ed è qui la difficoltà che spesso si incontra:nell'incondizionatezza.
Noi appoggiamo, sosteniamo,stimiamo noi stessi solo a patto che.....
Lo facciamo anche con gli altri, ma forse, con se stessi è più forte, ed è un ostacolo, è un peso,è una prigione, e la meditazione ci insegna a vederlo meglio, perché può darsi che ad occhio nudo noi non lo si veda affatto, che questa intolleranza verso se stessi, questa disistima, questa svalutazione sono un peso, un ostacolo, una ferita, una separazione.
Forse, può darsi che noi la sentiamo come una cosa legittima, una cosa naturale, una cosa tutto sommato non priva di nobiltà,o cose del genere. Questo modo di considerare l'avversione nei propri confronti è un modo profondamente errato.
Quindi bisogna cominciare a mettere noi stessi davanti a noi stessi, cominciando a prenderci delicatamente in mano invece di scuoterci , di strattonarci........
Abbiamo bisogno dell'amicizia per noi stessi; è un fondamento cruciale per il lavoro interiore,è un grande solvente, è un grande elemento distensivo e quindi, dall'unità maggiore con se stessi mette in grado di passare ad un'unità poi con il mondo, con gli altri.
Ma se siamo divisi dentro divideremo anche fuori, accorgendocene e non accorgendocene.....
L'inimicizia per se stessi è un grosso aspetto di sofferenza.
Abbiamo aspettative verso noi stessi, tendiamo a confrontarci con modelli esterni, abbiamo incorporato una competitività diffusa, una tendenza ai sensi di colpa e a sensi di indegnità provenienti da una cattiva religiosità.
Tutto questo concorre a creare dell'attaccamento a modelli, questo attaccamento crea sensi di frustrazione, sofferenza. Ed è una sofferenza sorda, amara che ci accompagna e che accompagna molti e che va messa in prima linea come oggetto del lavoro interiore.”

A conclusione della pratica, abbiamo condiviso la lettura della poesia di Erich Fried che qui riporto


“Cosa è?
È pazzia
dice la ragione
È quello che è
dice l’amore
È una disgrazia
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
È senza speranza
dice il senno
È quello che è
dice l’amore
È ridicolo
dice l’orgoglio
È sconsiderato
dice la prudenza
È impossibile
dice l’esperienza
È quello che è
dice l’amore”

Anita Novaro

martedì 22 giugno 2010

Cari amici del blog ecco la poesia che Laura Lovera ha letto in occasione della tavola rotonda del 4 giugno e che alcuni di voi hanno chiesto.

La locanda

Questo essere umano è una locanda.
Ogni mattina un nuovo arrivo.
Una gioia, una depressione, una meschinità,
Una momentanea consapevolezza arriva
Come un visitatore inaspettato.
Accoglili e intrattienili tutti!
Anche se con loro arrivano in folla i dispiaceri,
Anche se con violenza
Vi portano via tutti i mobili di casa vostra
Trattate ugualmente ogni ospite con rispetto.
Potrebbe far spazio in voi
A qualche nuova gioia.
Accogliete sulla porta, con un sorriso,
I pensieri cupi, la vergogna, la malizia,
E invitateli a entrare.
Siate grati per chiunque arrivi,
Perché tutti vi sono stati mandati
Come guide dall’aldilà.


Rumi



Maulānā Gialāl al-Dīn Rūmī (Balkh, Afghanistan 1207 - Konya, Turchia 1273) è un poeta e mistico persiano.

Da molti considerato il più grande poeta mistico di tutti i tempi, è senz'altro una delle figure più amate del Sufismo ed il suo insegnamento ha lasciato larga eco in un'area assai vasta, che abbraccia la Turchia, l'Iran, l'Afghanistan, fino all'India. La realtà terrena, sostiene esplicitamente Rūmī, non è che un riflesso della realtà simbolica che è la vera realtà.
. A Konya, in Turchia, fondò una confraternita di cui fu poi la guida fino alla morte; si tratta dei dervisci. Celebri per la figura di danza in tondo da loro praticata, tradizione che è sopravvissuta, in forma di spettacolo turistico, anche dopo l'abolizione del sufismo nella Turchia moderna. . .

Le opere principali di Rūmī sono due, il Dīvān o canzoniere, noto come Divan-i Shams-i Tabrīz ("Canzoniere di Shams-i Tabrīz").. L'altro è un poema lungo a rime baciate, che si chiama comunemente in persiano "Masnavī" e noto appunto come Masnavī-yi Mànavi ("Masnavī spirituale") nel mondo sufi turco-persiano è considerato il libro più importante dopo il Corano e le Hadith.

martedì 23 febbraio 2010

LETTURE

Ecco ciò che abbiamo condiviso durante la meditazione di venerdì scorso a conclusione della nostra pratica.

Si parla dei benefici della consapevolezza corporea e della pratica meditativa.

Buona lettura.

Ascoltare il corpo

Un aspetto importante della nostra vita e della nostra esperienza che a causa dell’automatismo delle nostre reazioni tendiamo a ignorare, è il rapporto con il nostro corpo. Spesso siamo appena in contatto con il nostro corpo, a stento ci rendiamo conto di ciò che sente. Di conseguenza spesso siamo insensibili agli effetti che su di esso hanno, l’ambiente, le nostre azioni e perfino i nostri pensieri ed emozioni.

Quando ignoriamo queste interconnessioni a volte abbiamo l’impressione che il nostro corpo abbia reazioni imprevedibili e non riusciamo a capire perché.

Come vedremo più avanti i sintomi fisici sono messaggi che il corpo ci invia per farci sapere come sta e quali sono i suoi bisogni. Quando ci abituiamo a fare sistematicamente attenzione al corpo e siamo più in contatto con esso , acquisiamo anche la capacità di capire quello che ci vuole comunicare e di rispondere in maniera appropriata. Imparare ad ascoltare il corpo è di vitale importanza per la nostra salute e per la qualità della nostra vita.

Anche una cosa semplice come rilassarsi può essere di una difficoltà stressante quando siamo inconsapevoli del nostro corpo. Lo stress della vita di ogni giorno genera tensioni localizzate in particolari gruppi di muscoli, per esempio nelle spalle, nella mandibola, nella fronte. Per rilassare queste tensioni devi prima di tutto accorgerti che ci sono, devi sentirle. Devi essere in grado di disinserire il “pilota automatico” e di riprendere in mano il controllo del tuo corpo e della tua mente. Come vedremo, per fare questo devi concentrare l’attenzione sul corpo, percepire le sensazioni che provengono dai vari muscoli e inviare ai muscoli il messaggio di rilassare quelle tensioni. Se sei abbastanza consapevole questo lo puoi fare già nel momento in cui la tensione si sta producendo: non occorre che aspetti di sentirti rigido come un pezzo di legno. Se lasci che la tensione si accumuli, essa diventa tanto abituale che ti dimentichi come ci si sente quando si è rilassati e diventa molto più difficile ritrovare il rilassamento.

Quando soffriamo di disturbi fisici o mentali, spesso ci aspettiamo che i medici siano in grado di rimetterci in sesto. A volte ciò è possibile; ma, come vedremo, la nostra collaborazione attiva è essenziale nella maggior parte delle terapie. Questo è particolarmente vero per quelle condizioni croniche per cui la medicina non dispone di cure risolutive. In tali casi, la qualità della nostra vita dipende in larga misura dalla conoscenza che abbiamo del nostro corpo e della nostra mente, e dalla capacità di migliorare la nostra salute entro i limiti, sempre sconosciuti, del possibile. Assumerti la responsabilità di conoscere meglio il tuo corpo, ascoltandolo attentamente e coltivando le tue risorse interne di guarigione, è il migliore modo di collaborare con i tuoi medici. È qui che interviene la meditazione: essa dà potenza e sostanza a questo impegno e catalizza il lavoro di guarigione.

Tratto da “Vivere momento per momento” di Jon Kabat-Zinn.

Casa Editrice Corbaccio. Pag. 27/28.

venerdì 5 febbraio 2010

LETTURE

I nostri pomeriggi di pratica proseguono con continuità ogni venerdì , dalle 17e 30 alle 19, a Moncalieri, nella sede del Centro.
Spesso, a chiusura della nostra pratica, inseriamo la lettura di un testo che abbia attinenza con la tecnica meditativa a cui ci siamo dedicati.
Queste letture vengono scelte da ciascun conduttore con cura e sollecitudine, cercando di individuare ciò che pensa essere più appropriato e pertinente con la pratica che andrà a condurre.
Abbiamo pensato di raccogliere i testi, tenerli insieme, come piccola testimonianza di ciò che andiamo facendo.
Il blog ci è sembrato il luogo più adatto, per noi che pratichiamo insieme e…… per voi, Cari Lettori, come possibili spunti di riflessione e di confronto.

Ecco il testo su cui ci siamo soffermati il venerdì prima di Natale.

“ …La pratica della consapevolezza è uno strumento vitale per l’apertura del cuore. In che senso e in che modo? Ecco: il tirocinio della consapevolezza, tirocinio lungo e paziente, consiste nell’allevare un’attenzione non giudiante, presente nel momento presente, attenzione a tutto ciò che si affaccia sull’orizzonte della nostra coscienza: sensazioni fisiche, reazioni di attrazione e di repulsione, emozioni e sentimenti, pensieri, immagini e intenzioni. E, in larghissima parte di questo materiale, è dolorosamente presente, per la maggioranza delle persone, la chiusura del cuore: la paura-contrazione fondamentale di incontrare lo spiacevole e di non aver abbastanza il piacevole. La paura-contrazione che è la causa ultima dell’infelicità: così spesso non vista, malgrado sia una cosa massiccia, grande ed imponente, dritta di fronte a noi.
La meditazione è un lento e graduale accostarsi a questa verità della chiusura del cuore. E se non vediamo questa verità, non possiamo vedere la verità che c’è dietro: ossia non vedendo la verità delle afflizioni che oscurano la mente-cuore luminosa, non potremo mai vedere la verità ella mente-cuore luminosa. L’assidua, implacabile, eppure tenera contemplazione del cuore chiuso e della contrazione dolorosa che esso porta con sé è la via maestra per l’apertura del cuore. Infatti la conoscenza solo individuale dei nostri nodi, benchè importante, è dimensione molto diversa dalla paziente contemplazione di quei nodi tutte le volte che sorgono. La consapevolezza contemplativa non giudica, non valuta, non si rammarica, non auspica, non progetta,non analizza, non concettualizza. La consapevolezza è, invece, come uno specchio che fedelmente riflette giudizi, rammarichi, auspici, progetti, analisi, concetti. E più fedelmente riflette tutto ciò, più ci porta a vedere e capire la sofferenza che tanta attività mentale porta con sé. Questa è una grande svolta: l’accorgerci che quanto più entriamo in contatto –mercè la consapevolezza- con la contrazione, tanto più cominciamo ad aprirci. Dunque più entriamo in contatto con la non-accettazione o paura e sentiamo il suo effetto tagliente e divisivo,più ci rivolgiamo fiduciosi verso l’accettazione e verso il suo spirito unitivo. Prima però della svolta nel senso dell’accettazione abbiamo dovuto lungamente frequentare il mondo dolente della non-accettazione, della contrazione fondamentale. E, in proposito c’è da dire questo, che uno degli aspetti più belli e preziosi della pratica meditativa, è vedere come, un anno dopo l’altro, la consapevolezza si riveli intrinsecamente apportatrice di accettazione. A scoprire ciò siamo aiutati anche da pratiche meditative parallele dirette all’evocazione e alla coltivazione di benevolenza e compassione universali.
Ma cosa accade allorchè la consapevolezza comincia a mostrare la sua parentela profonda con l’accettazione,ossia si passa da un cuore chiuso a un cuore aperto? Accade che nascono sia comprensione sia compassione nei riguardi della sofferenza. In altri termini: la materia prima, rappresentata dalla sofferenza del cuore chiuso, cotta al fuoco della consapevolezza accettante, ci dona a poco a poco l’oro della comprensione e della compassione. Quanto a dire che , una volta penetrata la verità del cuore chiuso e della sofferenza, cominciamo ad intravvedere la verità del cuore luminoso, intelligente e compassionevole, così tanto più vasto della contrazione dell’io-mio che l’oscurava.
Il flusso cangiante degli eventi(interni ed esterni) continua come sempre, offrendoci ora il piacevole, ora lo spiacevole. Ma la nostra relazione con lo scorrere mutevole del piacevole e dello spiacevole è cambiata, poiché o non è più nel segno del cuore stretto (che spinge via o ignora lo spiacevole e che si aggrappa ansiosamente al piacevole), oppure è ormai capace di contemplare nella tenerezza il cuore chiuso, dando così l’aiuto più efficace perché fiorisca l’apertura del
cuore.”
Corrado Pensa “L’intelligenza spirituale” Ubaldini Editore , pg 158-159.