lunedì 18 maggio 2009

SEMINARIO SULLA CONSAPEVOLEZZA Claudio Foti

22 marzo 2003

Il tema della consapevolezza verrà affrontato secondo vertici di osservazione differenti a seconda dei quattro percorsi formativi a cui questo seminario darà avvio.
Il termine “consapevolezza” evoca nella sua etimologia (cum sapere) il riferimento ad un cum, ad un insieme, ad una relazione e ad una socialità, senza la quale la conoscenza profonda a cui la consapevolezza rinvia non può avvenire.
Il primo vertice di prospettiva da cui possiamo analizzare la consapevolezza è rappresentato dal gruppo. Nel gruppo si può favorire la consapevolezza, anche se quest’ultima è un impegno mentale che trova il suo luogo elettivo nella mente del soggetto. La consapevolezza si avvantaggia della relazione, ha bisogno di nutrimento tramite il contatto con una dimensione gruppale. Il tema della consapevolezza potrà essere considerato dal punto di vista del gruppo e di tutti coloro che sono interessati ad apprendere tecniche di conduzione. Il gruppo viene pensato come luogo di crescita della consapevolezza, prendiamo come esempio il gruppo di formazione.
Un altro vertice osservativo è rappresentato dall’ascolto. Noi siamo impegnati in professioni d’aiuto, gran parte di voi partecipa a questo incontro per imparare tecniche di ascolto, per acquisire informazioni sugli interlocutori bambini-adolescenti, al fine di comprenderli meglio.
L’ascolto è un impegno mentale, relazionale tutt’altro che scontato, utile per sviluppare la consapevolezza circa le autentiche comunicazioni riferite da un altro soggetto, ad esempio un soggetto bambino che adotta modalità espressive non sempre chiare, non veicolate dal linguaggio verbale.
Il terzo vertice osservativo utile per affrontare il tema della consapevolezza corrisponde a quello dell’intelligenza emotiva. Quest’ultima è una proposta culturale, teorica, ma anche un impegno emotivo-relazionale finalizzato a coniugare l’intelligenza con la vita emotiva innanzitutto nell’adulto (educatore, genitore, professionista dell’infanzia-adolescenza); intelligenza intesa come crescita di una consapevolezza risultante dall’integrazione di parti differenti del soggetto umano: parti razionali e parti affettive. Quindi assumiamo l’intelligenza emotiva come una prospettiva d’impegno che aumenta la consapevolezza delle diverse componenti della mente, delle differenti forme di intelligenza. Infatti, non esiste solo un tipo di intelligenza legato al quoziente intellettivo studiato dalla psicologia tradizionale, ossia l’intelligenza legata alle operazioni logiche, all’astrazione, al calcolo, alla memoria. Invece, esistono differenti forme di intelligenza alla base della teoria dell’intelligenza multipla, teoria elaborata negli anni Ottanta dal pedagogista Gardner.
Secondo questa teoria, i bambini non vanno valutati soltanto sulla base di un unico tipo di intelligenza, ma essi possono esprimere varie forme di intelligenza. Non esiste soltanto l’intelligenza logico-matematica misurata dal Quoziente Intellettivo. Ad esempio esistono l’intelligenza musicale, l’intelligenza artistica, l’intelligenza cenestesica: quest’ultima per es. è un tipo di intelligenza che può produrre l’armonia tra la mente e il corpo, utile ad un danzatore che può esprimere al meglio le proprie capacità. Poi vi sono l’intelligenza relazionale, ovvero interpersonale ed infine l’intelligenza intra-psichica. La teoria dell’intelligenza emotiva è stata sviluppata negli anni Novanta da Daniel Goleman e consente di ampliare la comprensione della funzione psichica della consapevolezza.
Esiste un quarto vertice di osservazione da cui possiamo considerare il tema della consapevolezza: è stato approfondito non già dalla psicologia occidentale che è una scienza tutto sommato giovane, bensì dalle psicologie orientali. Daniel Goleman autore del bestseller “L’intelligenza emotiva”, scritto nel 1995 e pubblicato in Italia dallo stesso autore nel 1996, ha lavorato per anni con un gruppo di scienziati, psicologi, studiosi di scienza cognitiva e del comportamento, biologi, che a partire dagli anni Settanta si è impegnato nei seminari “Mind and Life” in una discussione, che aveva l’intento di confrontare l’approccio scientifico occidentale al funzionamento della mente umana con l’approccio della cultura orientale. Tale ricerca ha evidenziato le potenzialità non sfruttate della mente umana e ha analizzato le tecniche di sviluppo della consapevolezza con particolare riferimento alle tecniche meditative di matrice buddista, soffermandosi sul rapporto tra il metodo della meditazione e il funzionamento psichico dell’individuo.
E’ significativo che Goleman abbia elaborato la sua teoria prendendo spunto dalla sua tesi di laurea, centrata sulle caratteristiche teoriche e metodologiche delle diverse tecniche di meditazione, che si ritrovano nelle diverse psicologie orientali. Queste differenziazioni ricordano per alcuni versi quelle analoghe della psicologia occidentale, tra teorie e tecniche psicoterapeutiche di matrice diversa: comportamentista, cognitivista, psicoanalitica, ecc…. Le psicologie orientali, in due-tre millenni di di storia e di elaborazione si sono articolate in diversi filoni di ricerca, in diversi modelli meditativi, in differenti categorie e tecniche a secondo dei diversi modelli culturali e religiosi a cui si sono appoggiate. Comunque al di là di queste differenze, compaiono nelle tecniche meditative alcuni temi e alcuni principi comuni.
In sintesi, cercheremo di avvicinarci ad un tema particolarmente complesso e sfaccettato che potrà essere inquadrato da tanti punti di vista: infatti, questo seminario raccoglie corsisti che approfondiranno quattro percorsi formativi differenziati. Verrà fatta un’esperienza di gruppo, avremo la possibilità di riflettere su ciò che accade nel gruppo e quindi questo costituirà un avvio del tema che interessa alle persone iscritte al corso sulla conduzione di gruppo, ossia il rapporto esistente tra la crescita del gruppo e la crescita della consapevolezza.
La consapevolezza, come già detto, è un impegno che parte dal soggetto, ma che può riverberarsi nell’aumento della capacità di ricezione delle informazioni provenienti da un altro soggetto. Quindi, nuovamente una capacità di ascolto, e l’ascolto può essere considerato come crescita della consapevolezza circa i bisogni, le esigenze, le comunicazioni che l’altro ci trasmette.
Analizzeremo anche il rapporto molto stretto tra sviluppo dell’intelligenza emotiva e sviluppo della consapevolezza; inoltre, ci confronteremo con le suggestioni e gli insegnamenti potenziali derivanti dalla psicologia orientale. Tali suggestioni ed insegnamenti possono essere elaborati per una loro utilizzazione all’interno del nostro contesto culturale, a seconda degli obiettivi che vogliamo raggiungere. Tutto ciò verrà effettuato in un’ottica del tutto laica; ogni contributo dato alla conoscenza dell’umanità va ascoltato, interrogato, elaborato, utilizzato, se contiene qualcosa di valido.
Gli studiosi che, a partire dagli anni Settanta, hanno portato avanti incontri di ricerca tra scienziati occidentali e monaci tibetani, studiosi del pensiero occidentale si sono posti il problema di ricavare dalle pratiche meditative delle indicazioni che possono essere adoperate a tanti livelli, ad esempio sul piano della prevenzione e della cura delle malattie. Al riguardo, il centro clinico dell’università di Massachuttes, in particolare la clinica della riduzione dello stress, da diversi anni ha impostato dei programmi terapeutici basati sui corsi di apprendimento di tecniche meditative, rivolte a pazienti che hanno problemi di salute di vario genere: soggetti che hanno disturbi cardiovascolari, malati che hanno necessità di imparare a sopportare terapie antidolorifiche e l’aggravamento di certe malattie come il cancro e l’AIDS, pazienti che hanno disturbi di insonnia o di cefalea oppure con disturbi derivanti da un calo consistente delle difese immunitarie (cfr. D. Goleman, Le emozioni che guariscono. Conversazioni con il Dalai Lama, Mondadori). All’interno di questi corsi vengono proposte delle metodologie in una logica definibile “buddismo senza buddismo”: a tutti questi pazienti non avrebbe alcun senso proporre tecniche di questo tipo strettamente associate a concetti della cultura orientale, magari presentandosi a loro con i capelli rasati e con gli abiti di foggia indiana. Tutto ciò indebolirebbe l’efficacia di una proposizione tecnica che può essere verificata indipendentemente da quello che è stato il contesto di origine di queste tecniche: quest’ultime possono essere sperimentate per quello che sono e per quello che valgono, e all’interno di un contesto clinico possono produrre degli effetti positivi, se sono sufficientemente accettate, sperimentate con quel rapporto di fiducia necessario alla validazione di qualsiasi tipo di tecnica terapeutica. Quindi, ci avvicineremo a queste tematiche tramite la loro sperimentazione diretta, valutando in che misura esse possono essere uno strumento di chiarificazione concettuale e di sviluppo pratico di elementi di consapevolezza.

1 commento:

  1. "La vera meditazione inizia con la piena consapevolezza di esistere e termina con la pura coscienza di non esistere" Daniel Lumera

    Spesso il praticante si trova davanti a tre differenti modi di ptraticare meditazione: da un lato una pratica meditativa superficiale, eseguita solo per ricavare benessere, equilibrio, guarigione, risolvere dei problemi, trovare una maggiore stabilità, una maggiore consapevolezza. Questa pratica è superficiale perché si ha un'attitudine da mercanti: si medita per ottenere in cambio qualcosa. Poi c'è chi medita per paura di non essere consapevole: se non medito mi addormento. In questo secondo caso subentra il senso di colpa, il senso del dovere e la costrizione. Si medita per obbligo e costrizione, magari per rispettare le indicazioni di un maestro (o presunto tale). Anche il questo secondo caso chi medita lo fa per ottenere e evitare qualcosa: l'inconsapevolezza, la sofferenza, la colpa, etc.
    Esiste poi una modalità più matura che consiste nel meditare per darsi, per amore, per piacere e non perchè ce lo ha detto qualcuno. Mediatre per amore, non per ricevere qualcosa in cambio, ma per condividere se stessi, per donarsi, per una spinta interiore naturale. Questa è una possibilità. Il mio punto di vista è che non sia la tecnica a fare la differenza ma l'attitudine matura e sincera del praticante. Cosa ne pensate?
    Un abbraccio a tutte le persone che amano la meditazione
    Commento di Giovanni Andrea Pinna
    Sarebbe bello incontrare un posto dove si praticano in armonia diversi tipi di meditazione

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