lunedì 18 novembre 2013

LA CONSAPEVOLEZZA: UN FATTORE FONDAMENTALE DELLA CURA DI SE’



Tre aggettivi o gruppi di aggettivi  possono qualificare la consapevolezza.

1. La consapevolezza ha un aspetto cognitivo: vuole conoscere la realtà così com’è ed è interessata ad acquisire nella maniera più completa i dati del mondo interno e del mondo esterno. Vuole conoscere i particolari senza perdere di vista l’insieme.  La consapevolezza è un modo per conoscere: ci troviamo di fronte a una mente che può conoscere se stessa, che può monitorare ed esplorare se stessa. Dunque la consapevolezza è attenta, lucida, amante della precisione.
2. La consapevolezza vuole ancorarsi alla realtà così com’è e contrasta la tendenza del desiderio a scappare vie dagli aspetti più frustranti della realtà, a sovrapporre il sogno alle cose così come sono e alle cose così come vengono. La consapevolezza è dunque come un vecchio saggio, che invita a non reagire  in modo negativo alle difficoltà del percorso ma incoraggia a proseguire verso una meta. Dunque la consapevolezza è accettante, paziente, umile e nel contempo tenace, lungimirante.
3. La consapevolezza ha una valenza affettiva, se l’esplorazione cognitiva, non viene fatta con amore e benevolenza non trova l’energia per portare avanti la propria funzione e per continuare ad essere precisa ed accettante. E’ paragonabile ad una madre affettuosa che riconosce, accetta, abbraccia, esplora con cura l’oggetto della consapevolezza le emozioni, i pensieri e i processi mentali così come sono.    Dunque la consapevolezza è benevola e compassionevole verso il sé e verso l’altro.

Quando  parliamo di consapevolezza come fattore fondamentale della cura di sé  non dobbiamo pensare ad una funzione  psicologica astratta o una dimensione intellettuale d’interesse etico o filosofico, bensì ad una funzione psichica che una base neurofisiologica nell’essere umano e che può essere oggetto di osservazione scientifica.

E’ stato  dimostrato che l’attivazione della consapevolezza  (per es. attraverso la meditazione basata sulla concentrazione, cioè  sull’attenzione focalizzata su un unico oggetto o sullo stato mentale aperto cioè sull’attenzione non selettiva  rivolta a tutto ciò che avviene o ancora su uno stato mentale di compassione) investono e modificano in tempo reale certe aree cerebrali in misura tanto più intensa e con ripercussioni tanto più salutari sul soggetto sperimentale quanto più risulta prolungato il suo allenamento all’esperienza meditativa. E’ stato dimostrato che l’allenamento alla meditazione di consapevolezza potenzia l’area della corteccia prefrontale sinistra, sede delle emozioni positive e  riduce le aree della corteccia prefrontale destra, collegata alla depressione, al ripiegarsi su se stessi, alla perdita della gioia di vivere.  

Una ricerca di Richard Davidson sui dipendenti in media molto stressati dell’azienda Biotech a Madison ha dimostrato che un allenamento trimestrale a tecniche di meditazione di  consapevolezza è stato sufficiente per aumentare del 20 % la rispondenza positiva al vaccino antiinfluenzale rispetto ad un gruppo di controllo: lo sviluppo della consapevolezza finisce per rinforzare il “sistema immunitario mentale”, la qualcosa “si ripercuote sul sistema immunitario nel corpo”. (1)
Dunque è indiscutibile che ci siano dentro di noi funzioni psichiche benefiche e straordinarie, che hanno una base neurofisiologica e che riconduciamo alla consapevolezza. Ed è altrettanto indiscutibile  che la consapevolezza, l’attenzione, la compassione possano essere oggetto di allenamento e di potenziamento.



(1) J. Wesson Ashford, Neuroplasticity in Alzhaimer’s Disease, “Journal of Neuroscience Research”, 70, 1.11. 2002, p. 402.

mercoledì 6 novembre 2013

UN CUORE MAL GOVERNATO...

Qualunque sia il male che possa
fare un nemico a un nemico
o uno che odia all’odiato
un cuore mal governato
può fare un male
ancora più grande”
Dhammapada, Detti e aforismi del Buddha

Cos’è un cuore mal governato? È un cuore pieno di emozioni, di colori, di vita, di movimento, ma è un cuore non “sentito”, non “riconosciuto”.

Le nostre emozioni nascono dal cuore e nascono dal corpo, non possiamo sceglierle, non possiamo bloccarne la nascita, sono automatiche e immediate. Le emozioni contengono informazioni noi non possiamo far altro che riconoscerle. Se le emozioni emettono un segnale, il riconoscimento o il disconoscimento di esso può esserci di aiuto o può danneggiarci.

Ad esempio l’emozione della Paura è intelligente in quanto ci informa di un pericolo attraverso l’accellerare del battito del cuore e/o l’aumento della pressione sanguigna. Imparare a riconoscere questi segnali aiuta a riconoscere il pericolo o la situazione che viene percepita come pericolosa.
Ma le emozioni possono anche essere dannose se non vengono riconosciute e regolate. Possono determinare un offuscamento della consapevolezza o un sequestro emozionale. Le emozioni non regolate possono diventare impulsi e determinare degli agiti comportamentali connotati in senso negativo e distruttivo. L’intervallo tra lo stimolo che genera l’emozione e l’eventuale reazione è brevissimo, spesso impercettibile e potrebbe sfuggire alla nostra consapevolezza. Attraverso le tecniche di Mindfulness possiamo allenarci a migliorare la velocità tra stimolo e reazione.

Ritornando all’aforisma da cui sono partita, mi sento di dire che prenderci cura del nostro cuore è condizione essenziale e necessaria per prenderci cura degli altri. E degli altri ci prendiamo cura sia nelle nostre professioni ma anche e soprattutto nella nostra vita quotidiana e familiare, dei nostri figli ad esempio.


………….Noi siamo Emozioni..………


Scritto da Desi Speranza

domenica 3 novembre 2013

UN LIBRO CHE HA CAMBIATO IL MIO MODO DI MANGIARE


Dall’introduzione di Thomas Campbell
Pochissime persone sanno davvero che cosa dovrebbero fare per migliorare la loro salute…. Questo non dipende dalla mancanza di ricerca. Le ricerche sono state fatte, di­sponiamo di un'enorme quantità di informazioni sui legami fra alimentazione e sa­lute, ma la vera scienza è stata sepolta sotto un cumulo di informazioni irrilevanti, se non addirittura dannose: la scienza spazzatura, le diete alla moda e la propaganda dell'industria alimentare. (…)
Avete il diritto di sapere che molte delle nozioni comuni che vi sono state trasmesse sul cibo, la salute e la malattia sono sbagliate.
      Per quanto problematiche,  le sostanze chimiche presenti nell'ambiente e nel vostro cibo non sono la causa principale del cancro.
                  I geni che avete ereditato dai vostri genitori non sono il fattore più importante che determina se sarete vittime di una delle dieci principali cause di morte.
      La speranza che la ricerca genetica possa portare a cure farmaceutiche per le ma­lattie ignora le soluzioni più efficaci che possono essere messe in atto oggi.
      Il controllo ossessivo dell'assunzione di una sostanza nutritiva, come ad esempio i carboidrati, i grassi, il colesterolo o gli acidi grassi omega-3, non darà come risul­tato una salute a lungo termine.
      Le vitamine e gli integratori alimentari non vi forniranno una protezione a lungo termine dalle malattie.
      I medicinali e la chirurgia non sono in grado di curare le malattie che uccidono la maggior parte degli americani.
      Probabilmente il vostro medico non sa di che cosa avete bisogno per ottenere il miglior stato di salute possibile.

Quella che propongo non è niente di meno che la ridefinizione della nostra con­cezione di buona alimentazione. I risultati provocatori dei miei quarant’anni di ri­cerca biomedica, comprese le scoperte risultanti da un programma di laboratorio della durata di ventisette anni  dimostrano che una dieta corretta può salvarvi la vita.
A differenza di taluni autori popolari, non vi chiederò di credere a conclusioni basate sulle mie personali osservazioni. Questo libro contiene più di 750 rimandi bibliografici, che sono per la maggior parte fonti primarie di informazione, fra cui cen­tinaia di pubblicazioni scientifiche di altri ricercatori che indicano la via da seguire per ridurre il cancro, le cardiopatie, gli ictus, l'obesità, il diabete, le malattie autoim­muni, l'osteoporosi, il  morbo di Alzheimer, i calcoli renali e la cecità.
Alcune scoperte, pubblicate nelle riviste scientifiche più prestigiose, dimostrano che:
      un cambio di alimentazione può permettere ai pazienti diabetici di sospendere l'assunzione di farmaci;
      una cardiopatia può essere fatta regredire solo con la dieta;
      il cancro al seno è in relazione con i livelli di ormoni femminili nel sangue, a loro volta determinati dal cibo che mangiamo;
      il consumo di latticini può aumentare il rischio di cancro alla prostata;
      gli antiossidanti presenti nella frutta e nella verdura sono collegati a migliori pre­stazioni intellettuali nella vecchiaia;
      è possibile prevenire i calcoli renali con una dieta sana;
      il diabete di tipo 1, una delle malattie più devastanti che possano colpire un bam­bino, presenta evidenti correlazioni con le pratiche di alimentazione infantile.

Queste scoperte dimostrano che una buona dieta è l'arma più potente di cui di­sponiamo contro la malattia. …

Da qualunque punto di vista la si consideri, la salute degli americani sta venendo meno. La nostra spesa pro capite in assistenza sanitaria è di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altra società nel mondo, eppure due terzi degli americani sono sovrappeso, e più di quindici milioni di nostri connazionali soffrono di diabete, una cifra in rapido aumento. Siamo afflitti dalle cardiopatie con la stessa frequenza di trent'anni fa, e la guerra al cancro lanciata negli anni Settanta del Novecento si è rivelata un insuccesso clamoroso. Metà della popolazione americana ha un problema di salute che richiede l'assunzione una volta alla settimana di un farmaco prescritto dal medico, e più di cento milioni di statunitensi hanno il colesterolo alto.
A peggiorare le cose, stiamo conducendo i nostri giovani verso un baratro di malattia, di cui cadono vittime in sempre più tenera età. Un terzo dei bambini di questo paese è sovrappeso o a rischio di diventarlo. I nostri piccoli sono afflitti con sempre maggior frequenza da una forma di diabete che un tempo veniva riscontrata solo negli adulti, e assumono più farmaci con obbligo di ricetta di quanto sia mai successo nel passato.
Tutti questi problemi si riducono a tre fattori: colazione, pranzo e cena.
Più di quarant'anni fa, agli inizi della mia carriera, non avrei mai pensato che il cibo fosse così intimamente collegato ai problemi di salute. Per anni non mi sono doman­dato più di tanto quali fossero gli alimenti migliori da consumare. Mangiavo quello che mangiavano tutti: il cibo che mi era sempre stato presentato come buono. Noi tutti mangiamo le cose che ci piacciono o che ci convengono o quelle che i nostri genitori ci hanno insegnato a preferire. La maggior parte di noi vive all'interno di confini cultura­li che definiscono le nostre preferenze e abitudini in termini di alimentazione.

(…) Ho scelto di iniziare con un approfondito programma di laboratorio che avrebbe analizzato il ruolo dell'alimen­tazione, e soprattutto delle proteine, nello sviluppo del cancro. I miei colleghi e io eravamo cauti nel formulare le nostre ipotesi, rigorosi nella metodologia e pruden­ti nell'interpretazione delle scoperte. Avevo scelto di compiere quella ricerca a un livello scientifico molto basilare, studiando i dettagli biochimici della formazione del cancro. Era importante capire non solo se ma anche come le proteine potessero favorire il cancro. Era la situazione migliore. Seguendo scrupolosamente le regole della buona scienza, avevo la possibilità di studiare un argomento stimolante senza suscitare le classiche reazioni alle idee radicali. Quella ricerca finì per essere ben sov­venzionata per ventisette anni dalle fonti di finanziamento più rinomate e competi­tive, prevalentemente dagli Istituti nazionali di sanità (National institutes of Health, NIH), dall'Associazione americana per la lotta contro i tumori (American Cancer Society) e dall'Istituto americano per la ricerca sul cancro (American Institute for Cancer Research). Poi i nostri risultati furono sottoposti a revisione (una seconda volta) per essere pubblicati su molte fra le migliori riviste scientifiche.

(…) Quello che avevamo scoperto era scioccante: le diete a basso contenuto di protei­ne inibivano la formazione del cancro da parte dell'anatossina, indipendentemente dalla quantità di questo carcinogeno somministrata agli animali. Una volta comple­tata la formazione del cancro, le diete a basso contenuto proteico bloccavano sensi­bilmente anche la successiva crescita del tumore. In altre parole, gli effetti cancerogeni di quella sostanza chimica altamente carcinógena venivano resi irrilevanti da una dieta a basso contenuto proteico. Di fatto, le proteine alimentari si sono rivelate così potenti nei loro effetti da permetterci di attivare e bloccare la crescita del cancro sempli­cemente modificandone il livello di assunzione. …. Ma non è tutto: abbiamo anche scoperto che non tutte le proteine avevano quell'effetto. Quali sono le proteine che favoriscono sempre e in grande misura il cancro? La caseina, che costituisce l'87% delle proteine del latte vaccino, favoriva tutti gli stadi del processo tumorale. Quale tipo di proteina non favoriva il cancro, perfino se assunta in dosi elevate? Le proteine sane erano quelle vegetali, comprese quelle del frumento e della soia. Man mano che si faceva nitido, questo quadro co­minciava a mettere in discussione e a mandare in frantumi alcune delle supposizioni alle quali ero più affezionato.


(…) Ho proseguito dirigendo lo studio più completo su dieta, stile di vita e malattìa mai effettuato sugli esseri umani nella storia della ricerca biomedica. Si è trattato di un’impresa imponente, sotto la gestio­ne congiunta della Cornell University, dell'Università di Oxford e dell'Accademia cinese di medicina preventiva. Il New York Times l'ha definito il "Grand Prix dell'epidemiologia". Questo progetto ha preso in esame un'ampia gamma di malattie e fattori legati all'ali­mentazione e allo stile di vita nella Cina rurale e, più di recente, a Taiwan. Più comune­mente noto come lo "studio Cina" {The China Study), il progetto ha finito per produrre più di 8.000associazioni statisticamente significative fra vari fattori dietetici e le malattie!

Ciò che lo rende particolarmente degno di nota è il fatto che, fra le numerose associazioni relative al rapporto fra dieta e malattia, moltissime giungevano alla me­desima conclusione: i soggetti che si nutrivano prevalentemente di cibi di origine animale erano quelli che si ammalavano delle patologie più croniche. Perfino le as­sunzioni relativamente ridotte di alimenti animali erano associate a effetti sfavore­voli. Le persone che mangiavano le maggiori quantità di cibi vegetali erano le più sane e tendevano a evitare le malattie croniche. Questi risultati non potevano essere ignorati. Dai primi studi sperimentali condotti su animali a proposito degli effetti delle proteine animali a questo imponente studio sui modelli alimentari di soggetti umani, le scoperte si sono dimostrate coerenti. Le implicazioni per la salute a secon­da del consumo di alimenti animali o vegetali erano sostanzialmente diverse.