Tre aggettivi o gruppi di aggettivi possono qualificare la consapevolezza.
1. La consapevolezza ha un aspetto cognitivo: vuole conoscere la realtà così com’è ed è interessata ad acquisire nella maniera più completa i dati del mondo interno e del mondo esterno. Vuole conoscere i particolari senza perdere di vista l’insieme. La consapevolezza è un modo per conoscere: ci troviamo di fronte a una mente che può conoscere se stessa, che può monitorare ed esplorare se stessa. Dunque la consapevolezza è attenta, lucida, amante della precisione.
2. La consapevolezza vuole ancorarsi alla realtà così com’è e contrasta la tendenza del desiderio a scappare vie dagli aspetti più frustranti della realtà, a sovrapporre il sogno alle cose così come sono e alle cose così come vengono. La consapevolezza è dunque come un vecchio saggio, che invita a non reagire in modo negativo alle difficoltà del percorso ma incoraggia a proseguire verso una meta. Dunque la consapevolezza è accettante, paziente, umile e nel contempo tenace, lungimirante.
3. La consapevolezza ha una valenza affettiva, se l’esplorazione cognitiva, non viene fatta con amore e benevolenza non trova l’energia per portare avanti la propria funzione e per continuare ad essere precisa ed accettante. E’ paragonabile ad una madre affettuosa che riconosce, accetta, abbraccia, esplora con cura l’oggetto della consapevolezza le emozioni, i pensieri e i processi mentali così come sono. Dunque la consapevolezza è benevola e compassionevole verso il sé e verso l’altro.
Quando
parliamo di consapevolezza come fattore fondamentale della cura di
sé non dobbiamo pensare ad una funzione psicologica astratta o una dimensione intellettuale
d’interesse etico o filosofico, bensì ad una funzione psichica che una base
neurofisiologica nell’essere umano e che può essere oggetto di osservazione
scientifica.
E’ stato dimostrato che l’attivazione della
consapevolezza (per es. attraverso la
meditazione basata sulla concentrazione, cioè
sull’attenzione focalizzata su un unico oggetto o sullo stato mentale
aperto cioè sull’attenzione non selettiva
rivolta a tutto ciò che avviene o ancora su uno stato mentale di
compassione) investono e modificano in tempo reale certe aree cerebrali in
misura tanto più intensa e con ripercussioni tanto più salutari sul soggetto
sperimentale quanto più risulta prolungato il suo allenamento all’esperienza
meditativa. E’ stato dimostrato che l’allenamento alla meditazione di consapevolezza
potenzia l’area della corteccia prefrontale sinistra, sede delle emozioni
positive e riduce le aree della
corteccia prefrontale destra, collegata alla depressione, al ripiegarsi su se
stessi, alla perdita della gioia di vivere.
Una ricerca di Richard Davidson sui
dipendenti in media molto stressati dell’azienda Biotech a Madison ha
dimostrato che un allenamento trimestrale a tecniche di meditazione di consapevolezza è stato sufficiente per
aumentare del 20 % la rispondenza positiva al vaccino antiinfluenzale rispetto
ad un gruppo di controllo: lo sviluppo della consapevolezza finisce per
rinforzare il “sistema immunitario mentale”, la qualcosa “si ripercuote sul
sistema immunitario nel corpo”. (1)
Dunque è indiscutibile che ci siano
dentro di noi funzioni psichiche benefiche e straordinarie, che hanno una base
neurofisiologica e che riconduciamo alla consapevolezza.
Ed è altrettanto indiscutibile che la
consapevolezza, l’attenzione, la compassione possano essere oggetto di
allenamento e di potenziamento.
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